Amnesty International, Campagna per la riforma della Banca Mondiale (Crbm) e Aktivamente promuovono stasera dalle 20,30 al cinema Aquila a Roma una serata-evento dedicata ai diritti umani e all’ambiente nel Delta del Niger. Si tratta della regione della Nigeria più ricca di petrolio, ma anche la più povera e degradata dal punto di vista ambientale. Video e fotografie racconteranno il devastante impatto delle multinazionali petrolifere che operano nella regione: non solo il ruolo svolto dalla Shell, finita sul banco degli imputati per la drammatica vicenda dell’uccisione di Ken Saro Wiwa e diversi casi di grave inquinamento ambientale, ma anche quello di Eni, attiva in Nigeria da oltre 40 anni. Il programma della serata prevede: letture di brani e poesie di Ken Saro Wiwa e Nnimmo Bassey, proiezione video di Oil for nothing, girato da Luca Tommasini, e di Poison fire, di Lars Johansson Maweni. Verrà presentato inoltre il rapporto “Il Delta dei veleni” redatto da Crbm, di cui vi proponiamo un estratto in anteprima.
“Dal 2009 qui non vive più nessuno. Inesorabile, la maledizione del petrolio ha colpito anche questa comunità dell’Ogoniland. Ovvero uno dei territori dell’immenso Delta del Niger, dove l’anglo-olandese Royal Dutch Shell ha iniziato a trivellare nel 1958, quando la Nigeria era ancora una colonia britannica alla faticosa ricerca della sua indipendenza (poi raggiunta nel 1960). A segnare per sempre il destino di Goi sono state le perdite dell’oleodotto (la Trans Niger Pipeline) che attraversa la regione fino all’isoletta-terminale di Bonny, dove il greggio viene processato prima di essere esportato in tutto il mondo. Un terribile giorno del 2004 un tubo vecchio di decenni non ha resistito più all’usura del tempo, crepandosi e versando così nello specchio d’acqua accanto al quale era sorto il villaggio il suo carico funesto, che ha finito per infettare la splendida natura del luogo.
Gli alberi e le piante si sono ammalate, i pesci sono morti, la terra si è impregnata di una sostanza oleosa che ne ha minato la fertilità. Visitando quei luoghi, sembra di rivivere in prima persona le immagini che ciclicamente le televisioni di tutto il mondo mandano in onda quando si spezza lo scafo di qualche petroliera. Qui di sversamenti ce ne sono stati altri, nel 2008 e nel 2009, ma di opere di bonifica non se n’è vista nemmeno l’ombra. “Nel 2005 abbiamo fatto ricorso a un tribunale dell’Aja contro la Shell perché reputiamo che sia la condizione dell’oleodotto e non fantomatici casi di sabotaggio, come sostiene la compagnia, ad aver causato l’incidente” ci spiega Eric Dooh, uno dei capi della comunità di Goi. Qui suo padre dava lavoro a oltre 200 persone, tra l’impresa ittica e il panificio. “Adesso non c’è più nulla da pescare e l’acqua e la legna che usavamo per il panificio sono contaminate. Nessuno ci ha risarcito per il danno economico che abbiamo subito, anzi, come tutti gli altri ce ne siamo dovuti andar via”.
“Dal 2009 qui non vive più nessuno. Inesorabile, la maledizione del petrolio ha colpito anche questa comunità dell’Ogoniland. Ovvero uno dei territori dell’immenso Delta del Niger, dove l’anglo-olandese Royal Dutch Shell ha iniziato a trivellare nel 1958, quando la Nigeria era ancora una colonia britannica alla faticosa ricerca della sua indipendenza (poi raggiunta nel 1960). A segnare per sempre il destino di Goi sono state le perdite dell’oleodotto (la Trans Niger Pipeline) che attraversa la regione fino all’isoletta-terminale di Bonny, dove il greggio viene processato prima di essere esportato in tutto il mondo. Un terribile giorno del 2004 un tubo vecchio di decenni non ha resistito più all’usura del tempo, crepandosi e versando così nello specchio d’acqua accanto al quale era sorto il villaggio il suo carico funesto, che ha finito per infettare la splendida natura del luogo.
Gli alberi e le piante si sono ammalate, i pesci sono morti, la terra si è impregnata di una sostanza oleosa che ne ha minato la fertilità. Visitando quei luoghi, sembra di rivivere in prima persona le immagini che ciclicamente le televisioni di tutto il mondo mandano in onda quando si spezza lo scafo di qualche petroliera. Qui di sversamenti ce ne sono stati altri, nel 2008 e nel 2009, ma di opere di bonifica non se n’è vista nemmeno l’ombra. “Nel 2005 abbiamo fatto ricorso a un tribunale dell’Aja contro la Shell perché reputiamo che sia la condizione dell’oleodotto e non fantomatici casi di sabotaggio, come sostiene la compagnia, ad aver causato l’incidente” ci spiega Eric Dooh, uno dei capi della comunità di Goi. Qui suo padre dava lavoro a oltre 200 persone, tra l’impresa ittica e il panificio. “Adesso non c’è più nulla da pescare e l’acqua e la legna che usavamo per il panificio sono contaminate. Nessuno ci ha risarcito per il danno economico che abbiamo subito, anzi, come tutti gli altri ce ne siamo dovuti andar via”.
Source: http://www.terranews.it/news/2011/11/nigeria-il-petrolio-scorre-dove-la-terra-sanguina
”The truth might be hard to say, painful to bear or even drastic for the truth sayer but still needed to be said”. ALISON.